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La luna e le parole guerriere.
Anche stanotte, come nelle primavere passate, ti sei alzata in cielo grande e luminosa.
Luna piena, luna che annuncia l'arrivo della Pasqua, anche quest'anno.
Ma sotto di te è tutto silenzioso. Non c'è rumore di vita, accanto al fiume che scorre tranquillo
tra l'erba già alta, lungo i viali, nelle strade strette, nelle piazze grandi e piccole. Non ci sono passi, non ci sono voci.
Sono rinchiuse all'interno delle case, le voci. Parole di gente rinchiusa, voci della TV, del tablet, dello smartphone.
C'è anche musica, ma sono soprattutto parole, parole, parole.
Purtroppo, le parole di molti politici e alcuni media sono parole guerriere: siamo in guerra, stiamo combattendo, abbiamo un nemico
insidioso, siamo guerrieri, le nostre sacche di resistenza, è la nostra ora buia...
L'uso della metafora bellica annulla ogni altro linguaggio, appiattisce su una sola modalità di controllo e di
incitamento guerriero lo stare insieme come società.
I fautori dell'odio hanno trovato nel virus un nuovo nemico e un inaspettato alleato. Una narrazione per alimentare
nuove chiusure, nuove frontiere, stavolta immateriali, nuove barriere.
Ma fuori non c'è una guerra, non c'è una linea del fronte, una trincea. Perché, dunque,
tutte queste metafore belliche? Perché un simile linguaggio?
Non dovremmo, al contrario, valorizzare le parole che costruiscono relazione sociale fiducia, rispetto reciproco,
solidarietà? Le parole senza parole dei tanti che si prodigano negli ospedali, alle casse del supermercato, nei campi, negli istituti per anziani...
Cerchiamo questa narrazione! Ricordiamocela per il futuro. Diversa, aperta, fondata sulla ricerca di un nuovo sguardo
reciproco. Un'intesa nuova fra parenti, amici, vicini di casa finalmente conosciuti: il negoziante che vende la verdura o il pane, il medico che
ti visita per i problemi normali di salute, l'autista dell'autobus che ti aspetta alla fermata, la bambina che ti saluta dal balcone.
Dobbiamo provare anche noi a dire "Eravamo grate perché era concesso proprio a noi di godere del massimo
privilegio che esiste, far avanzare una sottile striscia di futuro dentro l'oscuro presente che occupa ogni tempo" Christa Wolf; Cassandra
Un caro saluto e Buona Pasqua.
#Tuttinsiemecelafaremo.
SPECIALE PASQUA.
Il
ritorno della primavera: la pastiera, forse discendente da un antico dolce pagano.
Gli ingredienti lo suggeriscono: la ricotta, con lo zucchero ricorda il latte e il miele delle offerte votive dei primi
cristiani, il grano, augurio di ricchezza e fecondità, le uova, simbolo di vita nascente, l'acqua
di fiori d'arancio, presagio di primavera incipiente. La versione odierna, probabilmente fu messa a punto in un antico monastero
napoletano rimasto ignoto. Comunque sia andata, è andata alla grande! (ritorna)
Su coccoi cun s'ou, o su
pani cun s'ou ossia pane con l'uovo, una delle ricette che
in Sardegna sono simbolo delle feste di Pasqua, una ricetta molto antica che si usava regalare ai
bambini, quando ancora l'uovo di cioccolato non si comprava, non era ancora abitudine o era comunque molto caro.
Su coccoi cun s'ou si preparava appositamente per i bambini, ovviamente si approfittava per prepararlo quando si doveva
infornare il pane per feste, si regalava a Pasqua o anche a Pasquetta. (ritorna)
Nei secoli scorsi uova e formaggio, ingredienti
essenziali della torta pasqualina, erano alimenti che si consumavano solo nelle grandi ricorrenze. La tradizionale torta pasqualina
è tipica del periodo pasquale, cioè della primavera e dei suoi prodotti: uova, erbette, cipolline nuove, maggiorana, un tempo
presenti in ogni orto ligure. Rappresenta il clou del pranzo pasquale e in passato era l'apoteosi
dell'abilità delle casalinghe, che leggendariamente si narra riuscissero a sovrapporre sino a trentatré sfoglie in omaggio
agli anni di Cristo. L'esistenza della torta pasqualina genovese è documentata dal XVI secolo. (ritorna)
*** Contribuisci con le tue ricette tradizionali *** (senonsainonsei@gmail.com)
La Pizza Chiena napoletana, la vera ricetta del rustico di Pasqua.
La pizza chiena è una vera bomba di calorie e di bontà, si gusta soprattutto nel periodo pasquale ed è una torta rustica
salata composta da un involucro di impasto simile a quello della pizza e farcita con un ripieno di uova, salumi e formaggio. Questo rustico napoletano si
prepara solitamente il venerdì santo e viene consumato di solito il giorno dopo.
La ricetta
Ingredienti per pasta: 250 gr di farina 00, 250 gr di farina Manitoba, 50 gr di acqua,
100 gr di latte, 80 gr di olio extravergine di oliva + q.b. per ungere la teglia, 15 gr di lievito di birra fresco, 10 gr di sale
Ingredienti per il ripieno: 500 gr di ricotta, 150 gr di provola o fiordilatte, 150 gr di
salame e prosciutto cotto, 150 gr di parmigiano, 50 gr di pecorino, 4 uova, Sale e pepe qb
Procedimento
Tagliare tutti i salumi e il formaggio a pezzetti non piccoli.In una ciotola mescolare le uova con il pepe.
Un po' alla volta unite alle uova i salumi e il formaggio. Uova e formaggio devono essere ben amalgamati fra loro. Imburrate ed infarinate
una teglia tonda con bordi alti, stendete una parte dell'impasto e foderate lo stampo. Ora versate tutto il composto nella teglia e
coprite con un altro strato di pasta, facendo moltissima attenzione a chiudere perfettamente i bordi, al fine di evitare che l'uovo
fuoriesca. Infornate in forno già caldo a 200° C per almeno 60 minuti, poggiandola sulla base del forno. Il tempo varia in base alla
grandezza della pizza e, al quantitativo di uova; pertanto, tanto più è grande, più deve cuocere. L'interno della
pizza deve risultare perfettamente asciutto. L'uovo deve essere cotto. Per verificarne la cottura fate la prova coltello, infilando
la punta sia in un angolo della pizza che al centro. Se risulterà ben asciutto allora sarà cotta. Sfornate e fate raffreddare e
riposare almeno 24 ore o anche più prima di essere mangiata, perché il tutto deve ben assestarsi ed asciugarsi. (ritorna)
La pizza d'erbe.
La Pizza con l'erba appartiene alla tradizione Irpina, viene preparata nel periodo di
Pasqua e rigorosamente viene mangiata il venerdì santo.
Quattro sono le erbe per la sua preparazione: scarola, borragine, cardilli selvatici e cerfogli.
Il sapore è strepitoso e difficile da descrivere.
Si mangia tiepida o fredda, è buona anche nei giorni successivi, infatti si mangia dal venerdì santo fino alla Pasquetta.
Ingredienti:
1 kg farina grano tenero
500-600 gr Acqua
q.b. Sale
50 gr Strutto
15 gr Lievito di birra fresco
Per il ripieno:
3 kg Erbette (scarole, cardilli e borragine)
3 mazzetti cerfoglio
q.b. Olio extravergine d'oliva
10 filetti Acciughe sott'olio
50 gr Olive
50 gr Pinoli
q.b. Sale
50 gr Uva passa (facoltativa)
Preparazione
Pulite le verdure, lavatele e lessatele separate in una pentola molto grande e abbondante acqua.
Salate a fine cottura della verdura. Una volta scolate vanno fatte raffreddare e poi strizzate per poter togliere con le mani l'eccesso di acqua.
Tagliate le "erbe" in modo grossolano.
Per la preparazione della pasta, mettete il lievito fresco in poca acqua tiepida, lasciate per venti minuti.
Aggiungete la farina, il sale, la sugna e l'acqua e lavorate tutto insieme fino ad ottenere un impasto liscio e morbidissimo.
Lasciate lievitare in luogo tiepido per 3/4 ore.
Nel frattempo in una pentola capiente mettete abbondante olio con 4-5 filetti di acciughe, fatele sciogliere e
aggiungete le erbette tagliate. Aggiungete l'uva passa, i pinoli, le acciughe spezzettate e le olive snocciolate tagliate a pezzettini.
Aggiustate di sale se occorre. Cuocete per circa 15-20 minuti a fuoco basso, fino a quando non si è asciugato completamente il liquido delle erbe.
Lasciate raffreddare le verdure. Quando l'impasto è pronto dividetelo in due parti, di cui una leggermente più grande dell'altra.
Oliate una teglia bella grande, stendete la metà più grande dell'impasto e la mettete sul fondo, poi
distribuite sopra le erbe. Stendete la metà rimasta dell'impasto e ricoprite la tortiera sigillando bene i bordi con la sfoglia di sotto.
Bucherellate la sfoglia superiore con i rebbi della forchetta e spennellate con un pò di strutto.
Infornate in forno già caldo e cuocete la pizza per circa 1 ora a circa 200°, a metà cottura abbassate a 160°.
Sfornate e lasciate raffreddare la pizza con l'erba. (ritorna)
Pasqua d'uovo
Una
volta la Domenica di Resurrezione si chiamava «Pasqua d'uovo»: al giovedì santo, nelle chiese cattedrali veniva deposto un uovo di struzzo
nel sepolcro rituale insieme con l'Eucarestia e veniva ritirato il giorno di Pasqua cantando: «Surrexit Dominus vere: alleluia!»
Anche il famoso Pellegrino Artusi, il padre della cucina italiana, l'autore del famosissimo
La scienza in cucina e l'arte di mangiar bene, che ha educato generazioni di massaie borghesi alla cucina, la chiamava
Pasqua d' uovo. Questo è il suo menu di Pasqua d'uovo:
Minestra in brodo. Panata o Minestra del Paradiso.
Fritto. Carciofi, animelle e Bocconi di pane ripieni.
Umido. Manicaretto di piccioni.
Tramesso. Soufflet di farina di patate o Gnocchi alla romana.
Arrosto. Agnello e insalata.
Dolci. Latte alla portoghese - Stiacciata alla livornese.
Tralasciando ogni considerazione dietetica, il libro dell'Artusi è una lettura che non dovrebbe mancare.
Molte ricette, è vero hanno ingredienti che a noi sembrano strani, ma il libro ci restituisce l'immagine di un'Italia, quella di
fine ottocento e del primo novecento, che cercava una propria unità, anche culinaria, e lo faceva raccogliendo il fior fiore delle tradizioni
regionali. Per chi avesse dei dubbi sulla bellezza del libro, consigliamo di leggere la ricetta del timballo di maccheroni e le disavventure di un
ghiottone. Ovviamente ci sono anche tutte le ricette comprese nel menù di Pasqua d'uovo. (ritorna).
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Le leggende della Pasqua
Molte leggende di Pasqua sono, come è ovvio, legate alla passione di Cristo e ruotano
intorno a due elementi fortemente simbolici: il sangue e l'uovo. Il sangue, il fluido che dà la vita e che salvifica e l'uovo
che simboleggia la creazione e la resurrezione.
Appartengono al ciclo del sangue e della passione le leggende del salice piangente, del melograno,
del pettirosso e della passiflora. Mitologia minore, devozione degli umili, quasi un contrasto con le leggende più nobili,
come quella della "Vera Croce".
La
leggenda del melograno: Gli Apostoli, timorosi, seguivano Gesù da lontano verso il Calvario, per non farsi vedere; ed uno di essi raccoglieva i
sassolini arrossati dal sangue di Gesù e li metteva in un sacchetto. A sera l'Apostolo trasse di tasca i sassolini, ma al loro posto trovò un
frutto nuovo, dalla buccia spessa ed aspra con dentro tanti chicchi rossi come il sangue di Gesù. Era nato il melograno.
La leggenda del salice piangente: durante la salita al Calvario, Gesù cadde sotto il peso della croce
e non riusciva a rialzarsi. Un salice, impietosito, allungò le sue fronde perché si potesse aggrappare. Il salice piangente.
La leggenda del pettirosso: Un uccellino, col becco tolse alcune delle spine dalla corona che
torturava Gesù sulla croce e nel farlo si macchiò il petto di rosso sangue. Divenne da quel giorno, lui e i suoi discendenti, il pettirosso.
La
leggenda della passiflora: "Vorrei piangere anch'io come piangono gli uomini" pensò la piantina che allora non aveva fiori,
mentre Gesù le passava accanto, e una lacrima mista a sangue cadde sulla piantina pietosa. Subito sbocciò un fiore bizzarro, che portava nella corolla
gli strumenti della passione: una corona, un martello, dei chiodi... era la passiflora, il fiore della passione. (ritorna)
La leggenda della vera Croce di Pier della Francesca - Basilica di San Francesco - Arezzo
La leggenda della vera croce.
Se dovessimo mettere insieme tutte le reliquie della vera croce, probabilmente potremmo costruirne tre. Di legni diversi tra loro.
Nel medioevo il venerabile Beda assicurava che la croce fosse fatta di quattro legni diversi, a seconda delle diverse parti, e si discusse a lungo se i legni
fossero tre o quattro. Solo in epoca recente si è pensato ad un solo legno, ma qui sono cominciate le dispute... quercia, cedro del libano, cipresso e ulivo sono
i principali concorrenti, ciascuno con qualche ragione.
L'ulivo è in pole position.
Comunque la leggenda e la storia partono da Adamo ed Eva. Adamo in punto di morte ricevette dall'arcangelo un
rametto dell' Albero della Vita che fu piantato sulla sua fossa e divenne un albero poderoso. Salomone lo tagliò per usarlo nella costruzione
del Tempio, ma la trave, per quanto la tagliassero, non era mai di misura, così fu utilizzata come passerella per guadare un fiume. Ci passò la regina
di Saba e profetizzò l'uso che se ne sarebbe fatto in futuro e Salomone diede ordine di seppellire il legno che venne ritrovato giusto in tempo
per servire da croce di Gesù, poi di lui si persero le tracce, fino all'arrivo di Sant'Elena che lo ritrovò insieme alle altre due croci
(quelle dei ladroni). Sulla vera croce fu deposto un uomo morto che resuscitò.
La vera croce ha dato origine a narrazioni iconografiche imponenti. La più famosa è il CICLO DELLA VERA CROCE, di Piero della Francesca,
nella cattedrale di Arezzo. (ritorna)
I miti dell'uovo.
Già al tempo del paganesimo, in alcune credenze, il Cielo e la Terra erano ritenuti due metà dello stesso uovo, e le uova
erano il simbolo del ritorno della vita.
I Greci, i Cinesi ed i Persiani se li scambiavano come dono per le feste Primaverili, così
come nell'antico Egitto le uova decorate erano scambiate all'equinozio di primavera, data di inizio del "nuovo anno",
quando ancora l'anno si basava sulle le stagioni.
L'uovo era visto come simbolo di fertilità e quasi magia e le uova venivano considerate oggetti
beneauguranti, ed erano interrate sotto le fondamenta degli edifici, portate in grembo dalle donne in stato interessante per scoprire il sesso
del nascituro e le spose vi passavano sopra prima di entrare nella loro nuova casa.
Con l'avvento del Cristianesimo divennero simbolo della rinascita e della resurrezione del Cristo:
le uova colorate con colori brillanti rappresentano i colori della primavera e la luce del sole. Quelle colorate di rosso scuro sono invece
simbolo del sangue del Cristo. (ritorna)
PER SAPERNE DI PIU' SULLA PASQUA.
Perchè sempre in data diversa?
Cambia data a seconda dei calendari utilizzati.
In Italia la Pasqua si festeggia sempre la prima domenica dopo la prima luna piena successiva
all'equinozio di primavera, che per comodità è stabilito al 21 marzo, ma che varia leggermente in base alla rotazione terrestre
e agli anni bisestili. Quindi Pasqua sarà sempre compresa tra il 22 marzo e il 25 aprile.
Pasqua bassa (dal 22 marzo al 2 aprile) Media ( dal 3 aprile al 13 aprile) alta
(dal 14 al 25 aprile). Quest'anno cade il 12 aprile, sarà una Pasqua media.
Pasqua ebraica
Utilizza il calendario lunisolare. Ogni mese inizia con luna nuova e il plenilunio cade il 15 esimo giorno.
Pasqua sarà tra il 26 marzo e il 25 aprile. Quest'anno viene celebrata il 9-10 aprile. È fissata il 14esimo giorno del mese di Nisan.
Pasqua ortodossa
È calcolata sulla base del calendario giuliano basato sul ciclo delle stagioni. Può cadere tra
il 4 aprile e l' 8 maggio. Quest'anno sarà il 19 aprile (Grecia, Romania, Russia).
Pasqua come ricorrenza religiosa.
Ha origine ebraica. Ricorda l'esodo degli Ebrei dall'Egitto quando "a mezzanotte il Signore percosse ogni
primogenito d' Egitto" e morirono tutti i maschi primogeniti, compresi gli animali, ma risparmiò le case degli Ebrei i cui
stipiti erano segnati dal sangue dell'agnello. Il popolo ebraico, guidato da Mosè, fuggì nella notte, dopo aver consumato in
fretta e "con i sandali ai piedi "l'agnello arrosto, con erbe amare e pane azimo, perché non c'era tempo per
lasciarlo lievitare. Nei sette giorni successivi alla Pasqua si svolge la Festa dei Pani Azimi.
Gesù, nell'Ultima Cena, si riunì con i discepoli per celebrare la Pasqua Ebraica. L'episodio
dell'Esodo, l'agnello sacrificale, il sangue dell'agnello sono diventati per i Cristiani una profezia potente della passione
di Cristo. Nella tradizione cristiana la Pasqua ricorda la morte e la resurrezione di Gesù.
L'UOVO di cioccolato SIMBOLO DELLA FESTA
Furono
i primi cristiani a dipingere le uova, simbolo della vita, di rosso (simbolo sangue di Gesù). La tradizione si è diffusa nel Medioevo
come regalo di buon auspicio, quando le uova venivano avvolte da foglie e fiori.
Negli anni arrivarono le uova artificiali. Inizialmente solo tra i nobili, in materiali preziosi (uova di Fabergè).
Dal 700 si crearono le uova di cioccolato, che diventarono usanza nel XX secolo, arricchite da un dono all'interno. (ritorna)
TERZA PAGINA. Una Pasqua virtuale
L'equinozio di Primavera (21 marzo) è legato a miti d'amore, morte e rinascita che catturano la fantasia e il cuore
degli uomini come una magia sottile. Persino la nostra epoca moderna, frenetica e sfuggente rimane ammaliata dall'equinozio di Primavera. La Festa
di Primavera è legata all'equinozio in tutto il mondo, qualsiasi sia la credenza o la religione. Dappertutto rappresenta la rinascita dopo la morte:
Osiride rinasce dalle tenebre della morte, come il seme rinasce dal grembo di Iside (la terra); Atti, il giovane compagno di Cibele risorge dopo
tre giorni, Gesù risorge la domenica di Pasqua. La Festa di Primavera è la festa dell'incontro del Femminile e del Maschile, è la festa dei giovani,
la festa del fuoco, la festa del rinnovamento e anche, nelle più antiche tradizioni egizie, la festa dell'aria nuova, la festa del respiro.
Sham el Nessim, letteralmente fiutare il vento, è festeggiata in Egitto e segna l'inizio della primavera. Cade il primo lunedì dopo la Pasqua copta, ma risale a 4700 anni fa. Ai tempi dei faraoni la festa si chiamava semplicemente Shamo che significa rinnovo della vita e secondo gli antichi quella data rappresentava l'inizio della creazione.
L'anno nuovo
cominciava con l'equinozio, ancora a Firenze nel XIV secolo, ma qualcuno fa risalire a dodicimila anni fa la festa Naw Ruz che
significa Nuovo Giorno. I riti celebrati rievocano la storia della creazione. Festa di speranza e di rinnovamento Naw Ruz è osservata
oggi non solo in Persia ma anche nei paesi vicini: la sua celebrazione dura ben 13 giorni. La popolazione dà il ben venuto al nuovo anno purificando
le case e saltando su falò grandi e piccoli allestiti per le strade.
La Festa di Primavera è la festa dell'uovo cosmico, dell'eterno ritorno, dell'Araba Fenice che depone un uovo nel proprio
nido di fuoco e risorge dal suo stesso uovo, rigenerata dal fuoco che l'ha incenerita. L'Araba Fenice, per i cristiani, ha rappresentato la resurrezione
di Gesù, e ha rappresentato la persistenza, la sincresi, lo scambio, la mediazione culturale, la sovrapposizione dei miti, la differenza e la similitudine. Il bisogno di risorgere dalle sciagure.
Risorgere migliori, rinnovati, rinvigoriti dal fuoco che ha bruciato tutte le scorie.
Rileggere queste antiche storie, oggi, è impressionante. La festa del respiro, l'aria fresca, pulita, l'alito divino sul mondo: basta guardarsi intorno con
le mascherine, sperando che il vicino respiri lontano, dopo l'inverno passato con le polveri sottili, e lo sconforto rischia di uccidere la nostra Primavera,
la Pasqua, Pesach, il passaggio a un mondo rinnovato.
Invece no,
faremo una Pasqua virtuale, solidale, collettiva. Andremo sui campi, al bordo del fiume, anche solo aprendo la finestra. Vedremo lo zio d'acquisto,
quello che non sopporti per le sue battute insistenti e perché è sempre stato un gran rompiballe, diventare eroe per un giorno perché sa cucinare bene
la griglia, rivedremo le uova colorate che zia Gina, tirchia all'inverosimile, ha preparato per i bambini, perché le battano insieme per, zögà a pica öf, come nella sua Bergamasca.
Assisteremo all'improbabile vitalità di
nostro padre panciuto e bolso che crede di essere Pelè e che noi bambini ci divertiamo
ad infilzare con dribbling micidiali, sotto l'occhio indiretto della madre che non sa per chi fare il tifo e che, alla fine, per misericordia famigliare,
decide di tifare per il marito. Ci stupiremo dei mazzolini di violette mischiati con le margherite, unica attività consentita a queste terribili sorelle
che vorrebbero giocare a pallone con noi. Ci lasceremo addomesticare dalla crostata della Signora Luisa, la moglie del brigadiere Prospero Porzio,
che è venuta con noi, perché, signora Luisa, cosa vuole stare in casa da sola a Pasquetta, venga con noi, visto che Prospero è di servizio.
Aprendo la finestra dell'anima. (ritorna)
La fase due dal balcone
Mille anni fa, forse duemila, il 15 febbraio 2020, stavo rileggendo le citazioni che intendevo inserire nella mia introduzione a una conferenza dal titolo un po' didascalico: Per una sana e corretta alimentazione. Avevo scelto di parlare di cibo, correndo su e giù per la letteratura, a cercare qualche segno di vita che non fosse doverosamente corretto e algido come il termine "alimentazione" sembrava suggerire. Un po' più vivo, un po' più carne e sangue, come si dice.
Mi ero convinto che dei ragazzi di diciassette anni, dopo mezz'ora di nutrizionista e mezz'ora di psicologo
avrebbero almeno meritato un'ora d'aria e mi ripromettevo di riempire un ipotetico canestro di racconti e leggende, miti e belle lettere.
Storie. Così, fior da fiore, leggiadramente, senza partire per forza dalla mela di Eva e dal primo esempio di intolleranza elementare.
Mille anni fa, forse duemila, il 15 febbraio 2020, il mio calendario sembrava un foglio da battaglia navale, tutto pieno
di crocette e di cancellature. Colpito? Affondato! I fogli a venire sfoggiavano con colori diversi i giri bizzarri che avrei fatto per
tre mesi avanti. Cercavo le offerte di viaggio e un albergo di Venezia mi aspettava perché io potessi tornare nella quiete di Torcello a riguardare per
l'ennesima volta i mosaici della basilica di Santa Maria Assunta.
Mille anni fa, forse duemila, il 15 febbraio 2020, il fiume scorreva sotto la mia finestra, azzurrino, gorgogliante,
pieno di riflessi e di anatre indaffarate. Battibeccavano come comari. Guardavo da dietro ai vetri, per cercare di tenere fuori i fumi di scarico
della lunga coda di automobili che si formava verso le sei di sera e continuava fino alle nove.
Si è deposta una neve gelida che ha coperto inesorabile tutte le cose. È venuta di soppiatto, con minuscoli cristalli
bianchi, così piccoli che quasi non sembrava che ci fossero. Ma c'erano e la neve è diventata sempre più fitta, persistente, onnipresente e ha
sbiancato il mio calendario, cancellato i racconti del Paese di Cuccagna e di Bengodi, chiuso la Basilica di Torcello e tutte le altre chiese, per
un'estensione che s'allarga ogni giorno nel mondo.
Mille anni fa, forse duemila, il 15 febbraio 2020, l'unico bollettino che si consultava era il meteo in prossimità
dei week-end, oggi è l'inarrestabile elenco dei morti.
Le papere, invece, continuano a blaterare come comari, sguazzando nel fiume ancora più azzurro e suggeriscono ai profeti
come sarà il mondo dopo la neve, quando verrà il sereno e potremo riempire di nuovo il calendario.
Sarà un mondo nuovo. Si mettono tutti in fila a spiegarlo, come le auto incolonnate del 15 febbraio 2020. Alcune papere
guardano con attenzione tutti quelli che parlano del nuovo regno della giustizia, della terra ristorata, dell'inquinamento scomparso e del cuore
degli uomini più nuovo, più giovane, più coraggioso.
Alcuni aironi, severi, tengono le distanze. Adesso e per sempre, piegano il capo ad ascoltare la vita che verrà, con il
distanziometro di sicurezza elettronico e l'amore virtuale. Nulla sarà più come prima.
Le cornacchie, frettolose, sul grande pioppo davanti a casa hanno il nido. Tirano dritto a rubare le uova e a cercare piccoli ratti, immaginando che qualsiasi sasso cada nell'acqua non produrrà un buco. Spaventerà le arvicole e ci sarà più cibo. (ritorna)
Didattica digitale e dintorni
https://www.agendadigitale.eu/scuola-digitale/
Un sito davvero interessante, con importanti articoli legati alla formazione a distanza, alla didattica digitale e ai problemi di rinnovamento dell'insegnamento che l'attuale fase di emergenza ci impone.(ritorna)
Alberto Artioli, Giovanna Cuminatto, Carlo Givone, Remo Guerra, Franco Lattanzio, Carmela Novaco